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Aumentano i rischi di una ricaduta dopo la ripresa

di Nouriel Roubini

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25 agosto 2009

L'economia globale sta iniziando a risalire, dopo aver toccato il fondo della peggiore recessione e della peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione. Nel quarto trimestre del 2008 e nel primo trimestre del 2009 il tasso al quale le economie più avanzate al mondo si sono contratte è stato simile alla caduta libera del Pil registrata nelle prime fasi della Depressione. Poi, alla fine dell'anno scorso, quanti tra coloro che decidono come intervenire nel processo economico e che erano rimasti inattivi in disparte hanno finalmente iniziato a usare la maggior parte delle armi a loro disposizione.

Il loro intervento è servito e la caduta libera delle attività economiche è rallentata. Restano tuttavia all'orizzonte tre domande alle quali dare una risposta: Quando potrà dirsi conclusa la recessione globale? Che forma assumerà la ripresa economica? Vi sono rischi di una ricaduta?
Per ciò che concerne la prima domanda, sembra che l'economia globale inizierà a riprendersi nella seconda metà del 2009. In molte economie avanzate (Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, Italia e altri paesi dell'Eurozona) e in alcune economie di mercato emergenti (soprattutto in Europa) la recessione non potrà dirsi ufficialmente conclusa prima della fine di quest'anno, in quanto i primi segnali di una ripresa – i cosiddetti «verdi germogli» – presentano tuttora alti e bassi, e potremmo definirli «spuntati tra le erbacce». In alcune altre economie avanzate (Australia, Germania, Francia e Giappone) e nella maggior parte dei mercati emergenti (Cina, India, Brasile e altri Paesi in Asia e in America Latina) la ripresa è già iniziata.
Per quanto riguarda la seconda domanda, vi è una controversia tra coloro che prevedono una ripresa netta e un rapido ritorno alla crescita, quindi una ripresa a forma di «V» – opinione che gode del consenso degli economisti – e altri che come me ritengono che la ripresa avrà piuttosto una forma a «U».

Sarà dunque una ripresa «anemica» e inferiore alla media e ai trend usuali per almeno un paio d'anni, dopo un paio di trimestri di rapida crescita dovuta all'aumento delle scorte di magazzino e della produttività a partire da livelli molto vicini a quelli della Depressione.

Vi sono molteplici ragioni per paventare una debole ripresa a forma di «U». L'occupazione ancora adesso sta calando a ritmo sostenuto negli Stati Uniti e altrove: nelle economie avanzate entro il 2010 i disoccupati supereranno la soglia del 10 per cento. Naturalmente, questa è una pessima notizia per la domanda e per le perdite bancarie, ma anche per le qualifiche dei lavoratori, fattore cruciale dietro la crescita a lungo termine della produttività della manodopera.

Il secondo motivo è che questa è una crisi di solvibilità, non solo di liquidità, ma il vero de-leveraging non è ancora iniziato, perché le perdite degli istituti finanziari sono state "spalmate" nella società e riportate sui bilanci d'esercizio dei governi. Ciò frena la capacità delle banche di erogare prestiti, delle famiglie di spendere e delle aziende di investire.

Il terzo motivo è che nei paesi che hanno deficit delle partite correnti i consumatori devono tagliare le spese e risparmiare molto di più, ma i consumatori oberati dai debiti devono far fronte a un vero e proprio shock, derivante dalla caduta dei prezzi del settore immobiliare e dei mercati dei titoli, dalla contrazione dei loro introiti e dalla crisi dell'occupazione.

Il quarto motivo è che – malgrado il sostegno ricevuto dalla politica – il sistema finanziario è gravemente malridotto. Buona parte del sistema bancario ombra è sparito e le banche tradizionali si sono accollate probabili perdite per migliaia di miliardi di dollari in prestiti e garanzie, pur essendo ancora gravemente a corto di capitali.

Il quinto motivo è che la debole redditività – dovuta al forte indebitamento, ai rischi di insolvenza, a una bassa crescita e a persistenti pressioni deflazionistiche sui margini operativi delle aziende – ostacoleranno i propositi delle imprese di produrre, assumere dipendenti e investire.

Un sesto motivo è che il re-leveraging del settore pubblico attraverso l'incremento di grossi deficit fiscali rischia di escludere una ripresa nella spesa del settore privato. Gli effetti degli stimoli politici, oltretutto, finiranno con l'inizio del prossimo anno in una bolla di sapone, rendendo necessaria una maggiore domanda del settore privato affinché la crescita sia continua e sostenuta.

Un settimo motivo è che il miglioramento delle disparità globali implica che gli attuali deficit delle partite correnti di economie particolarmente inclini a sperperare soldi – come gli Stati Uniti – ridurranno di fatto i surplus di quei Paesi che risparmiano moltissimo (Cina e altri mercati emergenti, Germania e Giappone). Qualora però la domanda interna non crescesse abbastanza rapidamente nei Paesi eccedentari, ciò comporterebbe una ripresa più debole nella crescita globale.

  CONTINUA ...»

25 agosto 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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